Maraja
Un articolo di Lilia
(Bellinzona 1912-
Montorfano 1983)
Fior di Pesco arrivò il
giorno di Natale del 1958. Era un libro splendido. Di grandi dimensioni, aveva
una sovraccoperta trasparente con impressioni dorate, profumava di stampa ed
era ricco di immagini sorprendenti. Leggevo ancora a fatica, ma sapevo
riconoscere un disegno quando era bello. Quelle figure emanavano un grande
fascino e mi trascinarono immediatamente nel cuore della storia. Questa è la
magia che può fare un illustratore.
Fior di Pesco mi ha
accompagnata mentre crescevo e anche dopo, per tanti e tanti anni e le sue
illustrazioni hanno determinato i miei gusti e la preferenza per i disegni colorati
a tempera acquerellata. Un po’ sciupato
e ingiallito, ma sempre affascinante, è ancora qui con me. Il volume appartiene
alla collana Edizioni Meravigliose, ed è stato pubblicato nel 1953 dai Fratelli
Fabbri. Sulla copertina sono indicati il nome dell’autrice, Eleanor Frances
Lattimore, e quello dell’illustratore, Maraja.
Libico Maraja, quinto di
otto fratellii, nacque nel Canton Ticino nel 1912 e il padre, che era un convinto
nazionalista, volle dargli quel nome così particolare perché la nascita avvenne
proprio al tempo della guerra con la Libia. Nel ’36, a causa dell’irredentismo paterno,
Maraja lasciò la Svizzera trasferendosi a Como
e visse in Italia per tutto il resto della sua vita. Ebbe due figli,
Marzio e Francesco che, in anni recenti, hanno raccolto tanti pezzi dell’immenso
materiale uscito dalle sue mani infaticabili ed hanno creato quello che è stato
definito l’archivio Maraja, con sede a Camerlata in provincia di Como.
Maraja fu un grafico, un
pubblicista, uno scenografo, un pittore, un illustratore di opere per
l’infanzia e l’adolescenza. La sua produzione è vastissima, ma io qui voglio
ricordarlo solo sotto quest’ultima veste, quella di illustratore, di sapiente
“figurinaio” - come scrive il critico Alberto Longatti- i cui disegni hanno mantenuto nel tempo la
loro suggestiva freschezza.
La sua formazione come
illustratore passò attraverso l’esperienza di cartellonista e scenografo,
maturata negli anni Quaranta. Durante la guerra, tra il ’41 e il ’45, il
produttore Gino Domeneghini volle realizzare il primo lungometraggio a cartoni animati
a colori tutto italiano, la leggendaria Rosa di Bagdad , ispirata alle Fiabe
delle Mille e una notte.
A Maraja furono affidati
compiti di scenografo ed animatore, a lui si devono i principali sfondi
scenografici del film, realizzati con effetti tridimensionali, seppure con
povertà di mezzi artigianali. Attraverso questa esperienza, poté affinare l’innata
propensione per il linguaggio teatrale che utilizzò nella sua lunga e prolifica
carriera per realizzare tavole di grande bellezza.
Una volta esistevano i libri
illustrati per ragazzi, romanzi e racconti dove le immagini rispondevano ad
esigenze didattiche oltre che estetiche, in quanto dovevano aiutare il piccolo
lettore a gustare e a comprendere il testo. I disegni di Maraja ottengono
sempre questo risultato poiché il loro autore riesce a penetrare il senso delle storie da illustrare con
un’impostazione e un movimento che risultano dai modelli tratti dal cinema e
dal teatro.
E’ per questo che il suo campo di attività come
illustratore spazia dalle fiabe ai classici per la gioventù, dalle avventure ai
libri scolastici, dai fumetti ai racconti di viaggi.
Nel 1950 Maraja illustrò Il mio mondo, il primo
sussidiario a colori pubblicato in Italia per la scuola e del quale purtroppo
non ho alcun esempio da proporre. Qui, invece vediamo un’illustrazione per la
novella Chichibio e la gru disegnata per Mamma, libro di lettura per la quarta
classe elementare.
Nel 1952 iniziò l’attività di collaborazione con la
casa Editrice Fabbri che sarebbe durata per tutta la sua vita. Di quello stesso
anno è Siao li storia di un bambino cinese, il primo dei due romanzi della
Lattimore (scrittrice americana che per lungo tempo visse in Cina durante
l’infanzia e l’adolescenza) che Maraja illustrò dimostrando una rara capacità
interpretativa. Dal felice connubio di questi due artisti nasce una fotografia
del mondo cinese visto con gli occhi di un occidentale.
La tecnica usata è quella della tempera acquerellata,
grazie alla quale i contorni delle figure umane assumono morbidezza e si
possono ottenere sottili effetti di evanescenza. In Siao li le tavole non sono
mai troppo affollate di personaggi; al contrario, tutta l’attenzione viene
concentrata sul soggetto al centro
dell’immagine, risaltante su fondali morbidi, quasi di seta.
Fior di Pesco, del 1953, appare quasi una prosecuzione
della rappresentazione del mondo orientale iniziata con Siao li. La storia è ambientata in Cina, durante la
seconda guerra cino giapponese, intorno agli anni Quaranta.
Fior di Pesco era una piccola orfana, sopravvissuta a
un’inondazione e raccolta da un’anziana contadina. La bimba aveva un tesoro,
custodito gelosamente in un fagottino: due bracialettini ormai troppo stretti,
una pietruzza rosa, una bambolina di stracci e una scatolina ricavata da una zucca
rinsecchita, dove teneva un grillo che
aveva faticosamente catturato e che, per questo, aveva chiamato Duro da
prendere.
Quando arrivò il nemico a invadere la loro terra, Fior
di pesco e i suoi dovettero fuggire cercando scampo in città, insieme a un
fiume di profughi. Dopo aver trovato un provvisorio rifugio presso lontani
parenti, in una grande casa con una porta rotonda come una luna, la bimba fu
ricoverata presso un orfanotrofio, mentre sulla la città imperversavano i
bombardamenti aerei.
Il romanzo mostra la tragedia e l’ingiustizia della
guerra vista con gli occhi innocenti e inconsapevoli di un bambino. Nonostante la
gravità dell’argomento, non mancano scene liete, addirittura comiche ed un
finale che si apre alla speranza. Infatti, in orfanotrofio Fior di Pesco ritrovò
la sua vera zia e poté conoscere la gioia e il calore di una grande famiglia,
dove trovarono posto anche altri cinque orfani, come questo piccino salvato
dalle macerie della sua casa.
Questa immagine di una sosta serale durante la fuga
comunica con forza tutta la desolante tragedia che colpisce gli innocenti travolti
dalla guerra. La bimba è stanca, spettinata, impaurita. Con gli occhi spenti
sta lì, seduta sul muro, con la sua bambola tra le braccia. Il colore grigio e
opaco della pietra sottolinea la vacuità del suo sguardo.
Ma, fortunatamente, come tutti i bambini, ha il dono
misericordioso del sonno e così può dimenticare per un poco la paura, cullata
dal cri-cri del suo Duro da prendere.
Chi oggi ha un’età superiore
ai quarant’anni è impossibile che non
conosca ameno qualcuno dei libri di avventure o dei classici illustrati da
Maraja. Riporto qui di seguito una serie di copertine che risveglieranno di
certo dei ricordi.
Tra gli altri c’è Piccole
donne, un classico caro a tutte noi che, da bambine, sognavamo di essere un po’
come Jo.
Ma fra tutti i libri
illustrati in questi primi anni Cinquanta, spicca Il canto di Natale di
Dickens, un’opera che dai critici viene considerata come uno dei capolavori di
Maraja, poiché si stacca da tutte le altre e si pone come sintesi dell’esperienza precedente. Movimento e concitazione segnano
le illustrazioni a tutta pagina e ben rappresentano l’atmosfera magica della
notte di Natale, quando l’avaro Scrooge ricevette la visita degli spiriti che
cambiarono per sempre la sua vita.
In queste tavole,
l’illustratore crea effetti teatrali di particolare intensità, mentre l’ironia
con la quale disegna i personaggi tocca spesso il grottesco. Basti guardare le
gambette storte, i capelli arruffati, i visi rubizzi, i nasi a patatina e le
grosse estremità sempre in movimento degli attori della storia.
E’ stato scritto che sotto
la matita di Libico Maraja è passato tutto il mondo delle fiabe classiche e dei
principali racconti per la gioventù. Nel 1953, sempre per i Fratelli Fabbri,
egli illustrò Peter Pan e Alice nel paese delle meraviglie. In queste opere egli abbandona la descrizione
realistica degli oggetti rappresentati, per dedicarsi alla costruzione di un
mondo fantastico e fiabesco, capace di far sognare i suoi lettori.
Qui vediamo i fantastici
voli notturni di Peter Pan e possiamo
intuire la felicità dei voli infantili. Se è vero che, scavando tra i ricordi, anche
noi possiamo trovare un pensiero felice, potremo sperare di volare verso
l’Isola che non c’è, nel magico attimo che intercorre tra il sonno e la veglia.
La versione di Maraja per
Alice è molto personale e, nello stesso tempo, aderente allo spirito di
Carroll. Tutto il romanzo è percorso dalla sottile ironia con cui viene
trattato il mondo degli adulti.
Se Alice è rappresentata
come una bambina graziosissima, indimenticabili sono le grottesche e comiche
interpretazioni della cuoca e della duchessa. Per non parlare del re di cuori
che sonnecchia sul trono sotto lo sguardo critico della sua aggressiva
consorte. Guardare per credere.
E’ nota l’avversione di
Carrol per il genere maschile che metteva volentieri alla berlina. Ed ecco
personaggi come il Cappellaio Matto, il bimbo in fasce che si trasforma in
porcellino e il Coniglio Bianco sempre
con l’orologio in mano, sempre affannato e sempre in ritardo.
Nel suo verismo comico,
nella sua grande capacità di far sorridere, Maraja si può collegare a Norman
Rockwell e allo stile definito “realismo romantico” di cui, di seguito, vediamo
due esempi.
Per molti anni Maraja ha
lavorato su commissione, interpretando fedelmente i desideri della committenza,
sempre disponibile e pronto a percepire la volontà altrui. Durante gli anni
Cinquanta, collaborò a documentare la popolarissima enciclopedia per ragazzi
Conoscere. Eccone, come esempio, tre
immagini
Collaborò anche a Topolino
con un certo numero di fumetti e illustrò alcune fiabe della collana Rosa d’oro di Gino
Conte. Qui vediamo quattro immagini della fiaba Il rubino di fuoco
Un’illustrazione da Manine
di pietra, un altro albo della collana Rosa d’oro
Alla stessa collana
appartiene Il Popolo di Dio che presenta le vicende della Genesi. Maraja
interpretò con singolare potenza ed efficacia le storie della Bibbia,
utilizzando le tempere e caratterizzando i personaggi ora in modo drammatico,
ora tragico, ora addirittura comico come nel caso dei costruttori della torre
di Babele, le cui lingue furono confuse.
Era tale la forza
immaginativa che queste immagini
comunicavano che, per anni, abbiamo continuato a raffigurarci Noè, Abramo, Mosè
coi tratti che aveva dato loro Maraja. Queste stesse illustrazioni vennero quindi
riproposte nei documentari sulla Bibbia dell’enciclopedia Vita Meravigliosa,
un’altra notissima opera di divulgazione per ragazzi molto diffusa in quegli
anni.
Libico Maraja era un piccolo
grande uomo. Piccolino di statura, amava i bambini, primi destinatari delle sue
opere e spesso si recava nelle scuole medie per insegnare loro l’arte
dell’illustrazione. Era un lavoratore infaticabile. Durante tutto il periodo
della sua collaborazione con la casa editrice Fabbri produsse un’illustrazione
al giorno, tutti i giorni, per mesi e per anni. Ancor oggi continuano a
meravigliare la naturalezza e la vitalità dei tanti personaggi da lui creati e
l’espressività dei loro volti. La tecnica usata era quella del guazzo (o
guache, alla francese). Il guazzo impiega un tipo di pigmento che ha la stessa
natura della tempera, ma è reso più pesante con l’aggiunta di gesso o biacca
insieme a un composto di gomma arabica. Il risultato è un colore leggermente
più opaco rispetto alla tempera.
Tra le raccolte di fiabe
pubblicate negli anni Cinquanta dai Fratelli Fabbri e illustrate da Maraja, ci
sono quelle classiche dei fratelli Grimm e quelle di Andersen. Ecco alcune
illustrazioni di Biancaneve. Bellissimi i nani che tornano a sera dalla miniera,
attraversando in fila indiana un tronco sospeso sul vuoto.
Molto suggestiva anche la
casa di marzapane della fiaba Hansel e Gretel. Da illustrazioni come queste, ci
si rende conto di come Maraja, con la sua immensa produzione abbia contribuito
a determinare l’immaginario collettivo di intere generazioni di bambini.
Maraja è stato infatti definito
“maestro dell’immaginario” e mai tale definizione gli si adatta meglio che in
certe fiabe, bellissime, di Hans Christian Andersen, come Il Compagno di
viaggio.
Il carattere misterioso,
ovvero la dimensione onirica di questa fiaba vengono messi in risalto dalle
ampie pennellate che si allargano sulla pagina come le ali nere della
principessa nel suo tragico volo notturno, tanto diverso dal volo felice di
Peter Pan.
Nell’illustrare la fiaba I
fiori della piccola Ida, Maraja interpreta in modo divertente e suggestivo il
ballo dei fiori
Un’altra fiaba riccamente
illustrata è i Cigni selvatici. La giovane Elisa affronta senza un lamento tante traversie e non esita neppure di fronte
alla morte, pur di salvare i suoi undici fratelli trasformati in cigni dalla
strega matrigna.
Secondo la credenza popolare,
l’ortica è un’erba che possiede virtù magiche, specie se raccolta nei cimiteri
e nelle notti senza luna. Certo è invece che se ne possono ricavare fibre
resistentissime.
La fiaba mescola
superstizione e verità. Infatti, Elisa confeziona con le sue povere mani rosse
e gonfie tanti giubbetti quanti sono i suoi fratelli, perché una volta
indossati restituiscano loro le fattezze umane. Per questo motivo, raccoglie di
nascosto mazzi di ortica di notte, nei cimiteri. Anche in questa fiaba troviamo
bellissime immagini di voli. In questo caso, sono i cigni che sorvolano il mare
e si perdono in lontananza nel sole del tramonto.
Meno conosciute, ma non per
questo meno belle, sono le Fiabe cinesi e Le fiabe africane illustrate da
Maraja in modo splendido, con colori vividi e sgargianti.
La fiaba cinese Il palazzo
del principe drago
Alcune fiabe africane: Il
bambino d’oro e il bambino d’argento
L’anello magico
La figlia del sole e della
luna
Il genio del fiume, con
immagini grandi, creature bellissime che invadono la pagina e precorrono per la
loro personalità le innovative illustrazioni frutto degli anni della maturità artistica
di Maraja.
Dagli anni Sessanta, la casa
editrice Fabbri cercò di immettere sul mercato prodotti di altissima qualità in
edizioni attraenti. Nel 1962 iniziò la pubblicazione a fascicoli settimanali di
Tutte le Fiabe, una celebre serie di fiabe, miti e leggende di tutti i paesi
definita “enciclopedia della fantasia”. L’opera si distingue da quanto presente
fino a quel momento sul mercato editoriale per la bellezza delle illustrazioni
e per la creatività nell’impaginazione. Molte
delle fiabe di cui abbiamo appena visto le belle illustrazioni disegnate da
Maraja, trovarono posto in questa nuova pubblicazione, arricchendosi di
bellezza e fascino, grazie alla innovativa veste editoriale. Visto il successo
ottenuto, le Edizioni Didattiche Italiane (EDI) ripubblicarono l’intera opera negli
anni Settanta. E’ da questa edizione che ho tratto le immagini delle fiabe
africane, cinesi, di Andersen e dei fratelli Grimm che appaiono in questo post.
A partire dal 1964, la casa Editrice Fabbri cominciò
la pubblicazione a fascicoli di una nuova serie di successo, Le fiabe sonore, corredate da
dischi a 45 giri. Maraja collaborò al piano dell’opera illustrando otto fiabe.
E’tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni
Sessanta, che Maraja raggiunge livelli degni di essere ricordati in una storia
generale dell’illustrazione. Particolarmente significativo per la sua
evoluzione artistica fu Il mago di Oz di L. Frank Baum pubblicato nel 1958.
Le tavole che illustrano il
mago di Oz sono dense di movimento e di freschezza, i colori vivaci sono in
grado di catturare l’attenzione anche dei bambini più piccoli. Come già in
Alice, anche qui Maraja descrive con la sua matita un paese che non esiste
nella realtà e riesce a farlo sbocciare e vivere nella mente dei lettori.
Particolarmente efficace è
la forza espressiva dei personaggi e notevole è la vena caricaturale di alcuni,
come questo Mastichino intento al lavoro o il povero Codardo Leone.
Per essere gustate e
considerate come meritano, le illustrazioni di Maraja hanno bisogno di spazi
grandi, meglio se possono disporre dell’intera pagina. Per questo, appaiono più
belle ed affascinanti nelle edizioni di lusso che nelle tante edizioni
economiche che uscirono negli anni Cinquanta e Sessanta.
Le tappe che segnano il
cammino di Maraja verso un’interpretazione totalmente personale del testo sono
Alice attraverso lo specchio del 1959
e i viaggi di Gulliver di Jonathan
Swift del 1960. Da questo momento in poi, il perfezionamento
del suo modo di illustrare raggiunge i massimi livelli.
Come si è già detto, i
disegni che segnano la piena maturità di Maraja, nel loro movimento virtuale, nella
loro lussureggiante ostentazione di forme e colori, ricordano da vicino il
teatro. I colori si sovrappongono, esplodono in tonalità accese o traspaiono da
sottili velature e si mescolano in ricami finissimi. Bellissime le vesti degli accademici
e dei sapienti, ricoperte da complicati disegni, come a simboleggiare i vani contorcimenti
della loro mente
I disegni diventano sontuosi, le
linee si intrecciano, come scrive Longatti, “fino a stendere una fitta
ragnatela in cui sembra che l’angolo di mondo raffigurato in quel momento venga
imprigionato, in una magica sospensione del tempo”.
Dal 1964 Maraja illustrò le
fiabe musicali, trasformate in balletti: Giselle, Petrushka, Coppelia, La Bella
addormentata, Lo schiaccianoci, Il lago dei cigni.
Questa volta, le
illustrazioni sorgono per davvero dal palcoscenico, e si allargano, si
allungano fino ad invadere la pagina, si
sovrappongono al testo e paiono addirittura uscire dal foglio che non può
contenere tutta la loro forza vitale, per espandersi nel nostro mondo e
catturarci nel movimento armonico e infinito della danza.
Negli ultimi anni di
attività artistica, Maraja illustrò per la casa editrice Dami miti e leggende della classicità destinate ai bambini. Tra le
altre: L’Iliade, l’Odissea, l’Eneide, Dei ed eroi dell’Olimpo. Possiamo trovare
anche oggi questi libri in vendita sugli scaffali, nelle librerie e nei grandi
magazzini.
Ho volutamente lasciato per ultimo
Le Avventure di Pinocchio, anche se la sua pubblicazione risale al 1955, perché
è a questo libro che si deve la creazione di un immaginario collettivo
infantile, molto di più che ad opere più tarde e maggiormente elogiate dalla
critica.
Ho aperto questa rassegna
con Fior di Pesco e la chiudo con Pinocchio, perché entrambi questi libri
rappresentano per me un amico degli anni dell’infanzia. Le avventure del
burattino mi furono regalate nel settembre del 1959, alla vigilia dell’inizio
della scuola (quell’anno, avremmo letto proprio Pinocchio) e la magia,
puntualmente, si ripeté. Il libro, magnifico, apparteneva alla stessa collana
Edizioni Meravigliose dei Fratelli Fabbri. Le figure, numerosissime, sontuose,
avvincenti, comiche, commoventi, uscivano dal testo e alimentavano con forza la
mia nascente immaginazione
Maraja illustrò una prima volta Le
avventure di Pinocchio nel 1947, per la casa editrice Caraccio di Milano, ma fu
solo con le illustrazioni per i Fratelli Fabbri nel ’55 che raggiunse la
notorietà e toccò l’apice della interpretazione de libro di Collodi.
Certi personaggi, come la Fata
Turchina, la Volpe, il Pescatore Verde,
Mastro Ciliegia sono indimenticabili. Io credo che la maestria con cui Maraja
ha interpretato Collodi resti tuttora insuperata. E credo che ciò sia dovuto a
quella sua capacità di infondere ai disegni che andava tracciando un carattere
che è insieme vivace, ironico e malinconico e che, in definitiva, è lo spirito
stesso del romanzo. Uno spirito, quello di Pinocchio, tenero, ironico e, a
volte, addirittura satirico e grottesco, ma senza cattiveria. Satirico come i
luminari della medicina convenuti attorno al letto di Pinocchio oppure come il
giudice scimmione del paese di Acchiappacitrulli che sentenzia”Quel povero
diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque e mettetelo
subito in prigione”. Grottesco come Mangiafuoco che fa paura con quei suoi
occhiacci rossi da orco, ma poi si scioglie in lacrime, ascoltando le frottole
che gli racconta Pinocchio. Tenero come Geppetto che arranca stanco e
infreddolito sotto la neve, con le sue gambette storte e senza più la giacca,
venduta per comprare un abbecedario al suo burattino.
Sono arrivata alla fine!
Spero che queste immagini abbiano suscitato in voi almeno un piccolo pensiero
felice.
Buonanotte, e sogni d’oro!
Lilia
Uauuu! Non ho parole per commentare un lavoro di tal fatta! meriteresti di stare inj un libro!
RispondiEliminaE beh e beh, meglio della prof.Pallottino (esperta di Illustratori) ma che ha dovuto chiedere a noi notizie su Mariapia..... Complimenti a Lilia bell'articolo.
RispondiEliminaMi sa che tra poco ci sarà la fila fuori dalla casa di Lilia per chiedere un autografo e se Porretta non fosse così lontano, mi ci metterei anch'io,
RispondiEliminaVi sono riconoscente, cari amici, per a vostra indulgenza!
RispondiEliminaComplimenti per il lavoro fatto!
RispondiEliminaAssociazione Libico Maraja
www.libicomaraja.it
Grazie!
EliminaLilia
Sono rimasta senza fiato davanti questo meraviglioso post, davvero complimenti. Ho una domanda x voi, posseggo un libro contenente la sopracitata immagine di Hansel e gretel, ma come illustratore del volume è citato solo Nardini, volete dirmi che posseggo in realtà una illustrazione di maraja?
EliminaHo girato la tua domanda a Lilia...è lei l'esperta!
EliminaDegno di una lectio magistralis!!
RispondiEliminaMaraja è stato semplicemente favoloso,i suoi disegni hanno influenzato notevolmente la mia prima infanzia, quando andavo alle scuole elementari, una grafìa e dei colori unici,nei suoi disegni le fiabe vivono e ogni bambino sogna le sue avventure piu' remote vivendo un mondo fiabesco che oggi non esiste più, o almeno non lo fanno esistere come una volta…!!!
RispondiEliminaAcredito que vc nem leia mais os comentários. Mas quero agradecer imensamente por trazer as sentimentos da minha infância neste post. Sei agora o nome do ilustrador das meus livros e sou grata por isso. Deixo a vc meus Parabéns!!! Ass. Rosa Paula, Bahia, Brasil.
RispondiEliminaBellissimo saggio. Per mantenere vivo il ricordo di Maraja sarebbe opportuno che alcune illustrazioni originali compaiono nelle aste e siano sul mercato. Ancora congratulazioni.
RispondiEliminaSensacional! Parabéns!
RispondiElimina