Beatrix Potter articolo di Lilia
SECONDA PARTE
Voglio raccontarvi la “storia delle storie”
di Beatrix Potter. Come si sa, questi racconti sono tutti intrecciati tra loro,
perché i personaggi di una storia, magari una delle prime, sono capaci di
ricomparire anche a distanza di anni. Si scopre poi che tra loro esistono
complicati legami di parentela e rapporti di amicizia e vicinato.
Insomma, le storie di Peter, Jemima, Tom,
Hunca Munca sono il racconto corale della vita semplice e magica della gente
che, cent’anni fa, ha abitato una tal fattoria di un certo villaggio in una
lontana vallata dell’Inghilterra del nord.
Tutto cominciò ai piedi di un abete
altissimo, le cui radici ospitavano la tana della famiglia Rabbit. Mrs. Rabbit
era vedova (il marito aveva fatto una brutta fine durante un’incursione
nell’orto del sig. McGregor) e manteneva i suoi quattro figlioletti lavorando a
maglia manopole e manicotti e vendendo tè di rosmarino e tabacco per conigli.
Le tre conigliette, Flopsy, Mopsy e
Cotton Tail erano brave, buone e ubbidienti, ma il maschietto, di nome Peter,
era curioso, irrequieto e disubbidiente. Fatto sta che una mattina entrò di nascosto nell’orto del sig.
McGregor, noto per il suo caratteraccio e per una spiccata predilezione per il
pasticcio di coniglio. La mamma, poveretta, dopo molte raccomandazioni, aveva
preso l’ombrello e il paniere ed era andata in paese per comprare una pagnotta
e cinque panini con l’uvetta nel negozio di Tabitha Twitchit.
Una volta nell’orto, Peter fece una
scorpacciata di lattuga, fagiolini e ravanelli, ma ebbe un bel daffare per
sfuggire all’ortolano inviperito che gli fu subito alle calcagna. Dovette anche
abbandonare la sua giacchetta azzurra nuova nuova che era rimasta impigliata
nella rete del ribes. Riuscì a scappare da una finestra del capanno degli attrezzi, troppo piccola
per lasciar passare anche il sig. McGregor.
Tornò a casa talmente tremante e sfinito
che la mamma lo mise subito a letto e gli diede una tazza di camomilla, mentre
le sorelline cenavano con more, latte e pane.
Questa prima storia, che ebbe un grande
successo di vendite, è notevole per la semplicità delle immagini e della trama.
Semplicità che non significa povertà nei contenuti, ma, al contrario, rivela un
alto livello di capacità artistiche e comunicative. Solo i grandi non hanno
bisogno di orpelli per infiocchettare la loro arte. Le tavole sono ad
acquerello, il tratto del disegno è essenziale e le figure sono ripassate a
china.
Considerato che questa storia nasce in
età vittoriana e che è indubbio il suo contenuto morale, è eccezionale il fatto
che l’autrice non ci annoia con pedanti discorsi, non dà giudizi, ma si limita
a constatare un rapporto di causa (la disubbidienza) ed effetto (il rischio
corso ). Peter non viene punito, ma è messo a letto perché sta male. La tazza
di camomilla che riceve al posto della cena non è una punizione, ma una buona
medicina.
Mrs. Rabbit aveva un cognato, marito di
sua sorella buonanima, di nome Benjamin
Bunny, detto anche Bouncer per distinguerlo dal figlio che si chiamava Benjamin
pure lui. Il piccolo era un coniglietto tranquillo, con la testa un po’ nelle
nuvole. A volte, si lasciava trascinare in qualche guaio dal turbolento
cuginetto Peter.
In realtà, Benjamin era il coniglio
domestico di Beatrix che lo ritraeva spesso ed era solita definirlo
affettuosamente “uno spregevole codardo”.
Qui abbiamo modo di apprezzare per la prima volta la sottile vena umoristica
che caratterizza le storie della Potter. Le tavole di questa storia sono più
complesse di quelle della storia precedente; le posture e i movimenti dei
conigli sono accuratamente studiate, poiché, come si sa, Beatrix poteva esercitarsi a disegnarli dal
vero.
Le cinque scenette che seguono hanno come
protagonista Benjamin Bunny Senior; sono ironiche, piacevoli, comunicano
movimento, come una sequenza cinematografica. E fanno sorridere. La prosa è
essenziale, come si conviene ad un libro destinato ai bambini piccoli, il
contenuto fortemente morale, ma privo di qualsiasi retorica.
Antefatto: Peter e Benjamin si sono
intrufolati nel giardino del sig. McGregor per recuperate la giacchetta azzurra
di Peter; per sfuggire alle grinfie della gatta della signora McGregor, si son
nascosti sotto un paniere in compagnia di un fazzolettone pieno di cipolle. Chi
lo sapeva che la gatta si sarebbe acciambellata proprio lì sopra?
“Benjamin
Bunny Senior non si lasciava impressionare
troppo dai gatti.: spiccò un incredibile balzo dalla cima del muro
addosso alla gatta,, la scacciò dal paniere e la fece scappare nella serra. La
gatta era troppo stupita per reagire”
“Benjamin
Bunny Senior chiuse a chiave la porta della serra, con dentro la gatta. Poi
tornò al paniere, tirò fuori suo figlio per le orecchie e gli diede una
lezioncina col ramoscello.
Quindi
tirò fuori suo nipote”
Quando crebbe, Benjamin sposò la cugina
Flopsy e insieme misero al mondo una nidiata di coniglietti. La paternità non
aveva cambiato, però, il bambinone irresponsabile di una volta e molto spesso,
la famiglia aveva difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena. In questi
casi, Benjamin chiedeva in prestito un cavolo a Peter che, nel frattempo, aveva
messo su un vivaio insieme alla madre Mrs. Rabbit.
Una volta, la disattenzione di Benjamin
mise in serio pericolo i coniglietti. Quel giorno Peter non aveva cavoli da
regalare, perciò la famiglia al completo entrò nell’orto del sig. McGregor e
fece una scorpacciata di lattuga che, come si sa, concilia il sonno.
Abbandonati a sé stessi, i coniglietti furono una facile preda per il sig. Mc
Gregor che li catturò e li rinchiuse in un sacco! Papà e mamma erano disperati: per quanto ci
provassero, non riuscivano a sciogliere il nodo con cui era legato. Per
fortuna, in quel momento passava di lì
una topolina gentile; era una topolina di campagna, di nome Mrs. Tittlemouse
che aveva una casetta nascosta sotto la siepe ed era grande amica di Peter.
Mrs. Tittlemouse riuscì a fare un buco
nel sacco, rosicchiandolo coi dentini e da lì uscirono i coniglietti; mentre tutti correvano al sicuro sentirono la
signora McGregor che urlava, dando dello stupido al marito.
A questo punto, i due coniugi (i conigli, non i signori McGregor) decisero di andare a vivere col vecchio Bouncer, il padre di Benjamin che avrebbe potuto occuparsi dei nipotini in loro assenza. Non fu un’idea geniale. Benjamin Bunny senior non era più l’intrepido coniglio dei tempi dell’assalto alla gatta, ma un vecchietto che amava starsene al sole a fumare la pipa e a fare due chiacchiere coi passanti.
Ancora una volta, i coniglietti
rischiarono di fare una brutta fine. Distratto dalle chiacchiere del tasso che
con l’inganno era riuscito a farsi invitare in casa, il nonno se li fece soffiare
da sotto il naso.
Benjamin e il cugino Peter partirono subito al
salvataggio, ma Flopsy era furibonda. Litigò con lo suocero e gli nascose il
tabacco e la pipa, poi, per l’ansia, si mise a fare le pulizie di primavera. Il
nonno se ne stette tutto il giorno immusonito in un angolo, finchè Peter e
Benjamin tornarono alla tana con i piccoli sani e salvi.
In questa storia i veri protagonisti sono proprio i due “cattivi”: Mr. Tod la volpe e Tommy Brock il tasso.
Quest’ultimo
è un personaggio davvero sgradevole e ambiguo: era amico del vecchio Bouncer,
ma poiché in mancanza d’altro, si cibava di coniglietti, non esitò ad ingannare
la fiducia del vecchio pur di procurarsi un pranzetto; e tutto questo oltre al
fatto che emanava un terribile odore di tasso sporco.
Mr Tod era il suo contrario, magro e
azzimato, si dava delle arie da gentiluomo di campagna, ma in realtà era un
sordido individuo, degno compare del tasso. Per il possesso della tana, tra i
due si scatenò una lotta furibonda di cui approfittarono Peter e Benjamin per
recuperare il sacco in cui erano stati imprigionati i coniglietti.In questa storia compaiono per la prima volta illustrazioni in bianco e nero accanto a quelle a colori perché Beatrix cominciava a soffrire di problemi di vista. Nelle tavole a colori l’ombreggiatura è ottenuta mediante il tratteggio anziché mediante la sfumatura. A mio parere il risultato è meno piacevole. Ma bisogna ammettere che nel primo ‘900 era un a tecnica ancora molto diffusa tra gli illustratori.
Sotto la siepe che circondava il giardino del sig. McGregor, come ho già detto, viveva Mrs. Tittlemouse. Era una topolina di animo gentile, affettuosa e servizievole. Se proprio dobbiamo trovarle un difetto, vi dirò che, a somiglianza di molte brave donnine, tra cui una mia vicina di cui non faccio il nome, soffriva di una vera e propria fissazione per le pulizia della casa.
Il suo più grande terrore era quello di vedersela invadere da estranei che ne avrebbero alterato l’equilibrio e che, soprattutto, avrebbero sporcato i l pavimento con le zampe infangate. I suoi peggiori incubi si concretizzarono il giorno in cui la tana venne occupata da una processione di animaletti che Mrs. Tittlemouse si affannava a respingere , pur con modi garbati e cortesi.
Entrarono nell’ordine: Mother Ladybird la
coccinella, uno scarafaggio, un ragno, la signora Babbitty Bombo la calabrona,
uno sciame di api, una farfalla e persino Mr. Jackson, un rospo sdentato e bonaccione, attirato dal profumo
del miele di cui le api s’erano lasciate dietro una scia.
La storia è tutta qui. E’ un’occasione
per Beatrix di dimostrare la sua conoscenza della storia naturale. Le tavole
che ritraggono i piccoli ospiti indesiderati sono tratteggiate con la mano del
naturalista. La topolina, molto graziosa, piccola e rotondetta, col musetto
appuntito e i lucidi occhietti a spillo, è uno dei personaggi più belli tra
quelli usciti dalla matita della Potter.
Fin qui,abbiamo percorso qualche tratto
di campagna e qualche lembo di bosco nella geografia del mondo di Beatrix
Potter. Ci sono però altri personaggi, molti dei quali abitano un villaggio
somigliantissimo a quello di Sawrey.
Alcuni alloggiavano addirittura a Hill
Top, l’amato cottage di Beatrix. Tra questi, vi era una gatta di nome Tabitha
Twicthit che gestiva un emporio in paese. Ansiosa e nervosa per natura, era
madre di tre gattini: due femmine, Moppet e Mittens e un maschietto, Thomas
detto familiarmente Tom. Tabitha aveva un rapporto nevrotico con i figli; era
ossessionata dall’eventualità che potesse capitar loro qualcosa di brutto e,
nonostante fosse una madre amorevole, condizionava continuamente la vita dei
gattini per suo bisogno di approvazione da parte di amiche e parenti.
Per questo motivo, il giorno in cui
decise di invitare la cugina Ribby ed altre gatte per un tè, ripulì a fondo i
suoi gattini e fece indossare loro gli abitini delle feste. Quando scese in
giardino e scoprì che avevano perduto e stracciato i vestiti, li sculacciò e li
riportò in casa.
“Le mie amiche stanno per arrivare e voi siete
impresentabili! Sono fuori di me!” Li spedì nelle loro stanze e mi dispiace
dirvi che raccontò alle amiche che i suoi bambini erano a letto col morbillo.
Dei tre fratellini, Tom era il più
curioso, avventuroso e disubbidiente, come Peter è un anti-eroe, non si ferma a
riflettere sulle conseguenze che le sue scappatelle potrebbero avere.
La Potter ha creato personaggi tutto
sommato complessi, con molti difetti, spesso accattivanti, ma non
necessariamente simpatici; insomma, simili alla gente comune. E, come la gente
comune, caratterizzati da più qualità, sia positive che negative. Negli animali
antropomorfi di Beatrix coesistono il bene e il male come dentro a noi tutti
Questa storia è ambientata, come si diceva prima, a Hill Top riconoscibile dalla porta contro la quale è inquadrata Tabitha. In essa facciamo la conoscenza anche con la famiglia delle oche: Jemima e Rebecca Puddle Duck e Mr. Drake che abitavano nel cortille.
Anche qui le illustrazioni sono molto
accurate e particolareggiate, specialmente quelle che rappresentano il giardino,
lussureggiante per una grande quantità di piante e fiori. Beatrix aveva un
grande interesse per i giardini: ne curò
la coltivazione in tutti i suoi cottage e amò disegnarli e dipingerli fin dalla
fanciullezza.
Jemima era seccata per questo fatto e decise di fare il nido molto lontano dalla fattoria. Così volò verso il bosco. La storia mostra alcuni dei paesaggi più idilliaci del mondo di Beatrix Potter visti a volo d’uccello. Qui vediamo rappresentati in primo piano i bellissimi fiori della digitale, sullo sfondo della radura dove gli alberi e i cespugli erano stati tagliati.
Purtroppo per lei, là in mezzo c’era un signore elegantemente vestito che leggeva il giornale. Aveva delle basette biondo cenere e orecchie nere a punta. “Madame, vi siete forse smarrita?” chiese. E la sventurata rispose.
Jemima lo giudicò estremamente educato e
affascinante, perciò non ebbe alcuna remora a seguirlo nel folto dove il
furbacchione aveva la sua tana, che mise subito a disposizione di lei per farci
il nido e depositare le uova. In realtà meditava di mangiarsela arrosto.
La povera oca era talmente succube del
volpone da portargli personalmente le erbe aromatiche dell’orto che sarebbero
servite per insaporirla. Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. Per
fortuna, il cane da pastore della fattoria la incontrò mentre raccoglieva
mazzetti di tutte le erbe aromatiche che servono per fare l’oca arrosto. Le
fece delle domande e, insospettito dalle risposte reticenti, la seguì. Capì
subito in che razza di guaio si era messa e fece irruzione nella tana, facendo
scappare il volpone a gambe levate. Purtroppo, nel parapiglia, era successo un
disastro: le uova si erano tutte rotte. Alla povera Jemima non restava che far ritorno a casa mestamente.
Oggi, Jemima è uno dei personaggi più
amati e conosciuti: ingenua, stizzosa, tenerissima, con la sua andatura
dondolante, la sua cuffietta e il suo grande desiderio di una bella nidiata di
paperini.
Jemima più tardi depose delle altre uova
e, questa volta, la moglie del fattore le permise di covarle. “Ma – scrive la Potter – solo quattro si dischiusero. Jemima disse
che era tutta colpa dei nervi, ma la verità era che non aveva mai avuto una
gran disposizione a covare”. Anche quella di Bland il porcellino è una “storia da cortile”. Sua madre, chiamata chissà perché, Zia Zampetta , era molto orgogliosa dei suoi otto maialini tutti rosa, con solo qualche macchiolina nera.
Nel cortile di Hill Top c’era spesso un’allegra confusione provocata dalle birichinate dei maialini. Un giorno uno di loro, tutto infangato si nascose nel cesto del bucato lavato. La stessa Beatrix aiutò a tirarlo fuori . “E questo, chi è?” si chiedevano tutti. Quando fu infilato nella tinozza si scoprì che era Yock-Yock.
Insomma, c’era una grande allegria. Ma
quando i maialini crebbero, dovettero partire per il loro destino, chi su una
carriola, chi su un carro. Bland doveva andare al mercato. Al momento della
partenza, Zia Zampetta si asciugò gli
occhi con un fazzolettone, pulì il naso a Bland e gli asciugò i lacrimoni. Un
attimo dopo, il porcellino era solo per le vie del mondo.
Fece molti incontri, alcuni brutti ed
altri belli. Per primo, incontrò il signor Piperson, un uomo cattivo, che lo
prese in casa con sé, gli dava da mangiare, ma lo teneva rinchiuso.
Mentre Bland mangiava sconsolato la sua
minestra davanti al fuoco, venne fuori da una porta una bellissima porcellina
nera con un abitino azzurro. Anche lei era tenuta rinchiusa per essere ingrassata
e farne prosciutti e salami. Aveva due occhioni scintillanti, il doppio mento e
un nasino all’insù.
Da quel momento Bland non fu più solo e
insieme i due riuscirono a fuggire e a trovare la loro strada nel mondo.
Il gattino Tom riappare nella lunga
storia chiamata Torta di Micio o Storia di Samuel Baffetti. Ma qui la vera
protagonista è la casa, l’amato Hill Top, rappresentata in ogni sua
angolazione: il soggiorno, la stufa, le scale, gli angolini dove si
nascondevano i topi, e persino il comignolo del camino sul tetto da cui si godeva
una magnifica vista.
In questa storia la pazienza già molto
precaria della signora Tabitha Twitchit viene messa a dura prova dai
figlioletti che sembrano essersi volatilizzati. La signora è sull’orlo di una
crisi di nervi, quando interviene la cugina miss Ribby che prende in mano la
situazione organizzando le ricerche.
Il vero problema era rappresentato dai
ratti, molto diversi dai topolini di granaio, che in effetti infestavano Top
Hill e creavano grossi problemi alla Potter.
Questi ratti fanno la parte dei “cattivi”
nella storia; in realtà sono personaggi divertenti: Samuel Baffetti , grasso e
affettato e sua moglie Annamaria (così nell’originale inglese) nervosa e
allampanata.
I due fanno scorribande in cucina rubando
tutto ciò che riescono ad arraffare. Malauguratamente per lui, catturano Tom, caduto
dalla cappa del camino tutto pieno di fuliggine, e decidono di farne un
pasticcio di micio, avvolgendolo come un salamino nella pasta di pane
rubacchiata in cucina.
A mio parere, nella rappresentazione di
questi due “cattivi”, la Potter manifesta un senso dell’humor particolarmente
piacevole anche per i lettori adulti, difficile da trovare in uno scrittore per
l’infanzia; forse presente solo in Collodi. Sentite: “Annamaria! Annamaria! “ squittì il topo. Si sentì ciabattare, poi una
vecchia topa spuntò da dietro una trave “Annamaria – disse il topo – per cena voglio che mi prepari una torta di
micio. Falla nella maniera tradizionale, Annamaria, col pangrattato.”
Sembra di sentire la voce stridente del
topo che si lecca i baffi e digrigna i denti, mentre la segaligna consorte corre
ansante, con le gonne sollevate ad eseguire gli ordini.
Tutto è bene quel che finisce bene ed
anche questa storia ha un lieto fine. I ratti sono messi in fuga da John Joiner
il falegname che li stana segando le assi del soffitto della loro tana. Tom
viene ripulito dalla fuliggine e, per non sprecare la pasta in cui era avvolto,
miss Ribby ha una grande idea: prima di cuocerla, la pasta verrà mescolata con
uvetta in modo da mimetizzare le macchioline di fuliggine!
A proposito dei ratti, la Potter racconta:
Verso il tardo pomeriggio di quel giorno,
mi recai all’ufficio postale e vidi mr. Samuel Baffetti e sua moglie che
correvano lungo la strada con i bagagli accatastati su un carretto che
assomigliava molto al mio. Ma io sono sicura di non averglielo mai prestato.” Anche
nella fuga, i due ladracci non si smentiscono! Naturalmente, a spingere il
carretto è Annamaria.
Avrete capito che la vena di umorismo che
percorre tante storie della Potter, e specialmente quelle ambientate a Sawrey,
mi piace moltissimo. Così come mi attrae l’espediente di trattare gli animali
come fossero gente del paese con la quale lei stesa interloquiva, pur
lasciandogli l’aspetto e i modi propri della loro specie. Naturalmente, le storie sono più apprezzabili
nell’originale inglese, che nella traduzione italiana, dove qualcosa va sempre
perso.
A proposito di intrecci famigliari, la
cugina Ribby, che aveva già fatto la sua comparsa nella storia di Tom Kitten e
riveste un certo rilievo in Samuel Baffetti, diventa protagonista della
particolarissima Storia di una torta e di una tortiera” assieme alla cagnetta
Duchessa. Non mi era mai capitato di leggere o sentire una storia per bambini
tutta basata su un equivoco, come se fosse una commedia di Plauto.
L’oggetto del contendere è una torta di
topo e pancetta, preparata da Ribby che ha invitato l’amica Duchessa per un tè.
“Non vorrei che mi preparasse un
pasticcio di topo!” aveva riflettuto Duchessa. Pensò allora di sostituire nel
forno la torta di topo con una di vitello e prosciutto, fatta da lei dentro una
tortiera di alluminio. Ma sbagliò sportellino del forno.
In queste due vignette in bianco e nero
vediamo Ribby che va al negozio di Tabitha per comprare un pacchetto di tè, un
etto i zucchero e un barattolo di marmellata. Ne esce dopo aver scambiato
qualche interessante pettegolezzo. La cugina non perde occasione per malignare:
“Invitare una Cagnetta! Come se non ci fossero abbastanza Gatti in paese! E una
torta salata con il tè! Che idea assurda!”All’ora del tè, Duchessa, convinta di mangiare la sua torta, si fece fuori tutto il pasticcio di topo e quando arrivò in fondo, non trovando la teglia di alluminio, credette di averla inghiottita senza accorgersene. Duchessa cominciò a sentirsi male per lo spavento. Si sentiva morire! “Tutto il paese si era accorto che Ribby aveva chiamato il dottore. La cugina Tabitha Twitchit che spiava dall’angolo del suo negozio commentò malignamente: “ Hanno fatto indigestione. Ci avrei giurato! Non sanno controllarsi quelle due!”
In questa storia scopriamo bellissime illustrazioni,come quella del giardino pieno di fiori e quella della porta d’ingresso della casa di Duchessa (che ho inserito nella prima parte) o come quella della stufa che troneggiava per davvero nella cucina di Hill Top, una stufa con un forno munito di tanti scomparti, dove un pasticcio di carne può sparire ed essere misteriosamente sostituito da un altro.
Nel testo si alternano illustrazioni a colori e in bianco e nero. Quelle a colori sono molto accurate e ricche di particolari; basti vedere la seguente che mostra Duchessa mentre fruga in casa di Ribby alla ricerca di tracce della torta di topo.
Vi consiglio di leggere questa storia. Per apprezzarla in pieno, non bastano poche citazioni!
Tra gli abitanti del villaggio ideale che
assomigliava tanto a Sawrey, c’erano due bambole di nome Lucinda e Jane. Abitavano in una bellissima
casa di bambola con la facciata rosa, in stile edoardiano e provvista al suo
interno di tutto, persino delle vivande in gesso e cartapesta che facevano
bella mostra sulla tavola apparecchiata. Beatrix si ispirò ad una vera casa di
bambola che Norman Warne aveva costruito per la nipotina Winifred alla quale,
tra l’altro, è dedicata la storia.
Beatrix definì questo racconto “una
storia per bambine”, ma in realtà piace a tutti: chi può resistere al fascino
di scoprire la vita segreta che si nasconde dietro la facciata di una casa di bambola elegantemente arredata?Approfittando dell’assenza delle padrone, due topolini, marito e moglie di nome Hunca Munca e Tom Thumb, si introdussero nella casetta sperando di trovare qualcosa di buono da mangiare. Quando scoprirono che i cibi sulla tavola erano finti, si infuriarono e cominciarono a razziare la casa.
Prima a che le due bambole facessero
ritorno dalla passeggiata, i topi si erano già appropriati di pentole, padelle,
scopa, paletta, guanciali e materassi che con fatica avevano trascinato giù per
le scale della casetta. Tentarono di portar via anche la gabbia del canarino,
ma non riuscirono a farla entrare nella tana, per quanto spingessero, per cui
l’abbandonarono dietro il contenitore del carbone.
Il titolo della storia è “I due topini
cattivi” , in realtà sono creaturine deliziose; in particolare, scopriamo che Hunca
Munca è molto tenera e femminile. Tra le prime cose da portar via che aveva
adocchiato c’erano un vestitino rosa per sé e una culla di vimini per i suoi
piccoli, che l’attendevano nella tana, nascosta in un buchino sotto lo zoccolo
del camino.
In fondo, i due topini non erano poi così cattivi, perché ripagarono quello che avevano rotto. Sotto un tappeto tovarono una moneta da sei pence tutta storta e quando fu la vigilia di Natale la infilarono in una delle calze di Lucinda e Jane.
E poi, tutti i giorni all’alba quando tutti dormono ancora, Hucna Munca arriva con la sua scopa e la sua paletta a spazzare la casa delle bambole.
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